
“Basta piangere!”
“Ormai sono passati x giorni/settimane/mesi, devi fartene una ragione!”
“Non puoi continuare così, devi ricominciare a vivere!”
Quante volte, nei periodi peggiori della nostra vita ci siamo sentiti dire queste frasi? Purtroppo ancora troppe persone sono convinte che il lutto sia una debolezza, un segno di scarsa volontà di reagire e che, in quanto tale, vada scoraggiato, abbreviato, superato velocemente, senza minimamente considerare la sua natura, la sua funzione, la sua inevitabilità.
Ma proviamo a fermarci un attimo a pensare….
Quanto ci vuole per innamorarsi?
Quanti minuti servono ai genitori per adorare il proprio figlio, ancora atteso o neonato?
Quanti giochi, discussioni e litigi servono per creare il legame fra fratelli?
Quante pazzie, risate e confidenze notturne per sapere che una amicizia è vera?
Sono domande stupide, vero?
Non c’è una scala che misuri l’amore o quantifichi i legami familiari o amicali.
Amore, connessione, intimità, prendersi cura l’uno dell’altro, sono cose che si vivono, non si misurano, e sono cose che non hanno fine, lo sanno tutti, si tratta di comune buon senso.
Allora perchè ci si chiede continuamente quanto duri il lutto, quando finisca, quando si potrà andare oltre? Perché c’è una così forte pressione sociale affinché “si vada avanti con la propria vita”, si “superi il momento”, “ci si lasci tutto alle spalle”. Se il lutto è il risultato della perdita di qualcuno che abbiamo amato e che tuttora amiamo, non c’è una logica che si possa applicare né una formula da utilizzare per determinare quanto durerà.
Chiunque abbia familiarità con il lutto sa perfettamente che i sentimenti a lui collegati, le battute d’arresto, i cambiamenti, gli ostacoli sul percorso, i fattori scatenanti e le soluzioni possono accadere in momenti inaspettati, imprevedibili e inspiegabili ed avere una durata altrettanto sconosciuta.
Il lutto non è una gara, non è un percorso con una linea di partenza e una di arrivo. È un labirinto di curve, giravolte e strade senza uscita. È come cercare di nuotare in un oceano in tempesta, ogni volta che si guadagna qualche metro arriverà un onda che ci ributterà indietro e ci si ritroverà ancora profondamente immersi nel lutto, ma non così tanto quanto prima che arrivasse l’onda.
Non esiste una mappa del tempo per il lutto. Anche se comunemente la sua intensità dovrebbe essere correlata negativamente con il tempo, per cui più il tempo passa e meno estremi e disperati saranno i sentimenti correlati al lutto, ci saranno comunque delle brutte giornate e il vissuto di lutto diminuirà ma non sparirà. Perché il lutto non finisce ma si modifica, permettendoci di sentirci più in pace, più connessi e più positivi.
Esistono alcuni indicatori del fatto che si stanno facendo progressi nel percorso di lutto:
- cominciare a sentirsi un po’ più “normali”;
- Avere più giornate buone che cattive;
- Sperimentare un aumento di energia e un ritorno di motivazione;
- Godere dei ricordi anziché viverli come fattori scatenanti il dolore;
- Dormire meglio;
- Recuperare un po’ di ottimismo per il futuro;
- Essere di nuovo capaci di focalizzarsi sul proprio benessere e sulla propria salute;
- Sentire che ci si sta “riavvicinando alla razza umana”;
- Sentirsi pronti a uscire di nuovo di casa;
È importante tenere sempre presente che non sarà un percorso lineare, si potranno fare passi avanti e contemporaneamente soffrire per la perdita. Anche quando la vita tornerà ad una apparente normalità, quando si tornerà al lavoro e alla vita sociale, quando, con stupore, si sperimenterà la capacità di essere di nuovo felici, di godere della vita e di provare di nuovo amore, tutto questo probabilmente coesisterà con l’amore, la tristezza e la nostalgia che si continueranno a provare per la persona amata che non c’è più.
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Un commento su “Il mito del tempo prestabilito per il lutto”
Articolo molto interessante, ne consiglio la lettura.