
Da una prospettiva medica, l’aborto è una comune complicanza della gravidanza, cui viene data una importanza minore rispetto ad altre situazioni più pericolose per la donna, ma per le pazienti ed i loro partners è sicuramente un evento molto stressante, spaventoso e solitario, che può avere come conseguenza la comparsa di ansia o depressione correlate alla perdita, che renderanno più difficili anche le eventuali gravidanze successive.
L’atteggiamento dei professionisti sanitari che affiancano la donna in questi momenti cruciali, in cui la gravidanza termina con un esito imprevisto e traumatico, può essere determinante nel definire le conseguenze psicologiche, oltre che fisiologiche, dell’evento.
Per questo motivo sarebbe importante che tutti i professionisti coinvolti nell’assistenza si attenessero a specifiche Linee Guida, pensate proprio per migliorare la qualità dell’assistenza aggiungendo alle cure mediche appropriate anche una particolare cura degli aspetti psicologici collegati alla morte di un figlio, in qualsiasi stadio della gestazione.
Vi propongo qui un esempio di Linee Guida per medici generici, tratto dal sito della Miscarriage Association, una Associazione inglese, fondata da un gruppo di persone che aveva vissuto l’esperienza di una perdita prenatale, che dal 1982 offre supporto e informazioni a chiunque si trovi a vivere la stessa situazione, con lo scopo di aumentare la consapevolezza sul tema e migliorare le buone prassi mediche.
Grazie alla sua esperienza di colloquio sia con donne che con operatori sanitari, l’Associazione propone questi punti di attenzione:
Ascoltate le donne (e i loro compagni, se presenti)
Fare una buona anamnesi include raccogliere anche quelle informazioni aggiuntive che la donna, o il suo compagno, possono fornire. Ciò aiuta a fare una buona diagnosi e non solo, dal momento che l’essere ascoltati permette ai pazienti di “sentire” che li si rispetta e ci si prende cura di loro in un momento di grande vulnerabilità.
Tenete conto dei sentimenti che lei o entrambi possono provare
Ognuno reagisce alla perdita di un bambino in modo personale. Alcune donne lo accettano, altre possono persino sentirsi sollevate, ma i sentimenti più comuni riscontrati sono:
- molta ansia, sia che ci fossero già preoccupazioni per la gravidanza, che se non ce ne fosse alcuna;
- shock, stress, sofferenza e eventuale senso di colpa per la perdita;
- ansia riferita alla capacità futura di essere fertili e di riuscire a portare a termine la prossima gravidanza.
Se si è trattato di un parto traumatico o di una gravidanza extrauterina, i genitori possono essere molto provati dalla velocità con cui si sono evoluti gli eventi a partire dal momento della diagnosi, soprattutto se i medici hanno dovuto intervenire in urgenza. Sentono di non aver avuto il tempo di pensare e faticano ad accettare la realtà dell’evento.
Mostrate comprensione e empatia
Potreste non essere in grado di rispondere a tutte le loro domande o aspettative, ma comprensione, gentilezza e riconoscimento dei loro sentimenti aiuteranno sempre.
Legittimate la risposta emotiva della donna, qualunque essa sia.
Dite e mostrate quanto siete dispiaciuti per la loro perdita, ma…
…siate consapevoli che questo potrebbe, sul momento, anche farli sentire peggio.
Riconoscete quanto sia difficile confrontarsi con l’incertezza e quanto sia difficile l’attesa, di una ecografia, di una visita o dei risultati dei test.
Riconoscete l’impatto di fattori aggiuntivi di stress, come una perdita che avviene dopo problemi e trattamenti per l’infertilità o dopo aborti ripetuti.
Non pensate che più breve è stata la gravidanza e minore sarà la sofferenza per la perdita, perché l’amore per un figlio non dipende dalle settimane di gestazione.
Fornire statistiche può aiutare…oppure no.
Talvolta, solo avere qualcuno che ascolta come ci sentiamo, il nostro senso di colpa o il nostro cuore spezzato, ci rende un po’ più facile l’affrontare la perdita.
Fate attenzione al vostro linguaggio
Quando una gravidanza si interrompe, i genitori sono acutamente sensibili alle parole che vengono utilizzate in ospedale e, se il linguaggio è molto tecnico, possono non comprenderlo. Se è necessario, spiegate l’accaduto in altri termini più comprensibili.
La maggior parte delle donne, anche se non tutte, pensano alla loro gravidanza come a un bambino. La maggior parte, anche se non tutte, preferiscono che si parli di un bambino piuttosto che di un “embrione” o di un “feto” o di “materiale” (sì, capita anche questo). Se non siete sicuri di quale termine sia meglio utilizzare, fate attenzione a quale usano i genitori e usate quello, oppure chiedete loro cosa preferiscono.
Termini come “aborto” o “prodotto del concepimento” di solito non sono graditi, anzi feriscono la maggior parte delle donne. Riferirsi all’accaduto come a “un periodo pesante” o a “sfortuna” o sostenere che sono fortunati perché “almeno sapete che potete concepire” può decisamente aumentare lo sconforto e la sofferenza, perché minimizza la sofferenza di una mamma che ha appena perso il suo bambino.
Ricordate che probabilmente non direste mai queste frasi a una mamma che perde un bambino per malattia o incidente dopo la nascita, quindi perché dirle ora?
Date informazioni chiare su quanto sta succedendo e sui passi successivi
Chiedete loro di che informazioni hanno bisogno o desiderano e fatevi guidare dalle loro risposte. Se non potete dare risposte precise spiegate bene il perché e eventualmente consigliate altri specialisti che possano farlo o esami da fare. Fornite relazioni scritte se necessario.
Le domande più frequenti che vi verranno fatte riguarderanno:
- cosa ho fatto di sbagliato o cosa non ho fatto che avrei dovuto fare;
- cosa si può fare per ridurre il rischio per la prossima gravidanza;
- Informazioni su procedure mediche relative all’aborto in corso, su rischi e benefici delle diverse opzioni possibili, e consigli su quale soluzione preferire;
- Informazioni sugli esami che si possono eseguire, istologici o relativi al cariotipo;
- Informazioni sulla possibilità di incontrare e cullare il proprio bambino, se l’epoca della gravidanza lo permette, per salutarlo per l’ultima volta e raccogliere ricordi della sua breve vita;
- Informazioni sulle politiche e procedure ospedaliere per la gestione dei resti della gravidanza, diverse a seconda dell’epoca gestazionale, che possono comprendere la richiesta di autopsia, la richiesta per la sepoltura o lo “smaltimento come rifiuto medico”.
È fondamentale dare le informazioni più corrette possibili, per evitare di precludere ai genitori delle possibilità che non potranno più recuperare in un momento successivo, cosa che potrebbe avere un impatto negativo sulla successiva elaborazione del lutto.
Ricordate che per tutte le donne, ma soprattutto per quelle più avanti con l’età o che hanno problemi di concepimento, è molto difficile accettare i protocolli ospedalieri che prevedono indagini sui rischi solo dopo il terzo aborto nel primo trimestre di gravidanza o dopo il secondo aborto nel secondo trimestre, perché nessuna vorrebbe rivivere una esperienza così devastante!
Se potete, fate una telefonata dopo una settimana dall’aborto
Spesso le donne dicono di aver sottovalutato, al momento dell’evento, l’impatto che questo avrebbe avuto sulla loro vita e, quindi, di essersi trovate del tutto impreparate e sole di fronte alla sofferenza e ai sentimenti tipici del periodo immediatamente successivo. Per questo sarebbe importante fornire loro ulteriori informazioni e supporto a distanza di qualche giorno, facendo una telefonata o programmando un incontro di follow-up durante il quale valutare le necessità, sia che si tratti di programmare una gravidanza successiva nel migliore dei modi, che di fornire indicazioni su una eventuale consulenza psicologica.
Se la perdita del bambino è avvenuta quasi a termine, la donna si troverà a dover gestire anche la montata lattea, cosa che può essere molto difficile da affrontare in quel momento: assicuratevi che sia seguita sotto questo aspetto e le vengano spiegate tutte le opzioni possibili, in modo tale da poter scegliere consapevolmente.
Tenete in considerazione anche i vostri bisogni personali
Prendersi cura di genitori che hanno appena perso un bambino può essere stressante. Potrebbero essere ansiosi, stressati, disperati o arrabbiati e potrebbero esprimere desideri e/o bisogni che semplicemente voi non potete accogliere e soddisfare.
Il consiglio per voi è quello di identificare cosa vi mette in difficoltà. Potrebbe essere:
- confrontarsi con l’ansia e l’incertezza dei pazienti, sulla gravidanza attuale, su quelle future, sulla fertilità;
- confrontarsi con il lutto e la perdita, specialmente se avete appena vissuto qualcosa di simile nella vostra vita personale;
- confrontarsi con il tempo limitato che potete dedicare;
- essere un ponte fra i pazienti e altri servizi;
- la fatica fisica e/o emotiva.
È importante anche identificare le proprie fonti di supporto:
- relazioni, formali o informali, con i colleghi;
- relazioni familiari e amicali;
- supervisioni o momenti formativi;
- consulenza psicologica.
Per concludere, l’aborto non è mai una esperienza facile, né per i genitori che lo vivono, né per l’équipe medica che ha il compito di prendersi cura di loro.
Potreste non fare sempre la cosa giusta per tutti, ma i vostri pazienti ricorderanno sicuramente la vostra gentilezza, comprensione e empatia.
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