
Oggi voglio dare un po’ di spazio all’immaginazione.
Voglio sognare un mondo in cui ci sia maggiore consapevolezza dell’esistenza del lutto pre e perinatale e dell’impatto che questa esperienza ha sulle vite dei genitori che, loro malgrado, si trovano costretti a viverlo.
Voglio sognare che esista una Carta dei Diritti dei genitori che hanno perso un bimbo durante la gravidanza, durante il parto o durante il suo primo anno di vita.
Non mi riferisco, in questo caso, ai diritti relativi all’assistenza corretta in ospedale da parte degli operatori al momento dell’evento, che comprendono rispetto, empatia e una corretta informazione sui tanti aspetti, fisiologici, psicologici, burocratici e amministrativi che circondano l’evento. Di questi si occupa da più di un decennio l’Associazione CiaoLapo onlus, e per conoscerli vi rimando alla lettura di un esauriente articolo della fondatrice Claudia Ravaldi, che si occupa egregiamente di sostegno ai genitori oltre che di ricerca e formazione ai professionisti sanitari sul tema del lutto perinatale.
Oggi mi riferisco invece ai diritti, che possono sembrare ovvii, banali, implicitamente correlati alla situazione della perdita di un figlio, ma che invece sono costantemente disattesi da una società che rifiuta ancora di parlare di morte e lutto in generale e di morte perinatale in particolare, rendendo se possibile ancora più difficile e penosa la situazione dei genitori che si trovano ad affrontare un momento così drammatico dell’esistenza.
Se questa Carta dei Diritti esistesse, immagino che i suoi punti principali sarebbero questi:
- Ho il diritto di essere in lutto. Anche se voi non ve ne siete accorti, il mio bambino è esistito, era vivo ed ora è morto, anche se non aveva ancora un nome, anche se non non ho potuto conoscerlo e anche se le mie braccia ora sono vuote, voi dovete riconoscere che io sono una mamma/un papà e che ho il diritto di essere in lutto. Per cui: sì, ho il diritto di essere in lutto, anche se voi preferireste che “mi tirassi su”.
- Ho il diritto di essere in lutto per tutto il tempo di cui avrò bisogno, anche se voi pensate che dovrei “andare avanti con la mia vita”.23
- Ho il diritto di essere “vista/o” da voi, non fingete che non sia successo nulla e non cambiate strada per non incontrarmi.4
- Ho il diritto di scegliere, in ogni istante, cosa è bene per me in quel preciso momento, non cercate di deciderlo per me, voi non siete me, neanche se anche voi avete perso un bambino.5
- Ho il diritto che voi non evitiate il mio sguardo, che non cambiate frettolosamente discorso quando vi dico come mi sento, che non cerchiate di sollevarmi il morale ad ogni costo, che non banalizziate il mio dolore.6
- Ho il diritto di parlare di mio figlio/a, di chiamarlo per nome, anche se questo vi mette a disagio.7
- Ho il diritto di piangere, anche se questo vi imbarazza quando siete con me.8
- Ho il diritto di sorridere, anche quando pensate che non dovrei.9
- Ho il diritto di cercare conforto in ciò in cui credo, anche se non è quello in cui credete voi.
- Ho il diritto di conservare gelosamente le fotografie e gli oggetti di mio figlio/a, anche se voi pensate che dovrei nasconderli o liberarmene.
- Ho il diritto di chiedermi “Perché?”. Anche se non mi ridarà mio figlio, capire le cause della sua morte è importante per me, non ditemi di non pensarci, non ditemi che ”è il destino”, “è la natura”, “è il volere di Dio”, io ho bisogno di sapere che non succederà un altra volta.
- Ho il diritto di evitare le situazioni sociali che so che riattiverebbero in me molto dolore, anche se qualcuno di voi potrebbe sentire la mia mancanza.
- Ho il diritto di non voler celebrare le festività, se non me la sento, anche se voi non capite il perché.
- Ho il diritto di provare sentimenti ambivalenti verso altre donne che aspettano un figlio e di non voler incontrare i vostri figli neonati, almeno per un po’; non sono cattiva/o o invidiosa/o, sto soffrendo molto, anche se voi non ve ne accorgete.
- Ho il diritto di trovare conforto nei sogni in cui mio figlio mi appare ed è con me, anche se pensate che questo non mi faccia bene.
- Ho il diritto che non si parli alle mie spalle del mio modo di vivere il lutto, anche se voi, facendolo, pensate di aiutarmi e avete le migliori intenzioni.
- Ho il diritto di visitare la sua tomba, se ne ha una, e rimanere lì per tutto il tempo di cui ho bisogno, anche se voi preferireste vedermi altrove.
- Ho il diritto di non dover spiegare agli altri come ci si sente a seppellire il proprio figlio/a, anche se voi vorreste saperlo.
- Ho il diritto di esprimere il mio dolore in qualsiasi modalità artistica io abbia scelto, anche se voi non apprezzate i risultati di queste mie espressioni.
- Ho il diritto di affrontare il mio lutto e le mie emozioni, qualunque esse siano, al mio ritmo e con i miei tempi, anche se per voi non sono appropriati.
- Ho il diritto di vedere il mondo diversamente, ora che sono in lutto, anche se voi non lo vedete nello stesso modo. Ho il diritto di percepire la vita e la morte in modo diverso, anche se per questo voi pensate che sono “andata/o fuori di testa”.
Tutti noi abbiamo, almeno una volta nella vita, incontrato una coppia di amici, familiari, conoscenti, colleghi di lavoro che avevano perso il loro bambino, per un qualsiasi motivo ed in qualsiasi momento del percorso della gravidanza. Pensiamo di aver rispettato questi diritti? Pensiamo di essere stati in grado di dar loro un minimo di supporto o di aver, se pur involontariamente, aggravato la loro pena?
Credo che una riflessione su questi temi sia fondamentale per tutti, perché la società siamo noi e, quindi, siamo noi a dover essere il cambiamento che vorremmo vedere.
Se pensi che questo elenco di punti non sia esaustivo e vuoi aggiungerne altri per te importanti, scrivilo nei commenti e potremo discuterne insieme.
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