
“Lo so che è morta, ma quando torna la nonna?”
“Perché papà non vive più qui?”
“Dov’è andato il mio criceto?”
“Ma l’universo è infinito o a un certo punto finisce?”
“Perché non mi fate un fratellino?”
Chiunque abbia dei bambini sa cosa significhi essere colti alla sprovvista dalle domande difficili. Può avvenire in qualsiasi momento, più probabilmente quando meno te lo aspetti: a colazione, subito prima di andare a dormire o dal seggiolino della macchina mentre vai a fare la spesa.
Ovviamente, ogni volta che accade, noi genitori veniamo presi dal panico e dall’ansia di avere immediatamente una risposta pronta e soddisfacente, soprattutto se la domanda riguarda la morte, che sia del proprio animaletto o di una persona cara. È esperienza di ogni genitore che abbia vissuto un lutto perinatale lo sgomento che attanaglia lo stomaco alla domanda “Dov’è il mio fratellino?”, appena rientrati dall’ospedale con il mondo che cade a pezzi tutto intorno. Solitamente non si ha avuto il tempo, la possibilità o la lucidità di prepararsi una risposta che non suoni falsa o improvvisata, si è ancora sconvolti e increduli per l’accaduto e già si presenta un altra sfida da affrontare.
Lo scopo di questo articolo è quello di fornire alcuni spunti su cui riflettere e di rassicurare sul fatto che è possibile affrontare queste sfide genitoriali in modo efficace, senza aspettare di trovarsi immersi nel caos dei momenti peggiori ma abituandosi ad affrontare il bisogno di risposte chiare dei nostri bambini, utilizzando alcune piccole strategie utili per qualsiasi tipo di domanda difficile i nostri figli inventeranno per noi.
Quando ti viene posta una domanda difficile, ascolta e cerca di comprendere cosa il tuo bambino ti sta realmente chiedendo.
Non avere fretta di rispondere. Fermati un attimo e cerca di fare chiarezza. È molto importante e ti consente sia di guadagnare tempo per scegliere attentamente le parole che di evitare di rispondere alla domanda sbagliata. Rosemarie Truglio, una psicologa dell’età evolutiva, racconta che suo figlio di 8 anni un giorno tornò da scuola e le chiese “Esiste Babbo Natale?”. Lei rispose con una semplice domanda: ”Perché lo vuoi sapere?” e riuscì così a capire che a scuola i compagni ne avevano messo in dubbio l’esistenza e suo figlio aveva solo bisogno di essere rassicurato. Se non avesse approfondito e fatto chiarezza sulle motivazioni della domanda, avrebbe risposto in modo errato a qualcosa che, in quel momento, suo figlio non le stava chiedendo e che lo avrebbe turbato molto perché non era ancora pronto ad accettarlo.
Dì la verità, ma con il ritmo, i tempi che loro sono in grado di sostenere.
Soprattutto se stai per comunicargli una brutta notizia, la morte di un loro caro, la perdita del lavoro o una seria malattia, è importante che tu comprenda che i bambini sono in grado di processare le informazioni solo un po’ per volta. Ciò significa che devi essere pronto a ritornare sull’argomento più e più volte e ad assistere a reazioni inaspettate. Alcuni bambini si dispereranno, altri saranno molto turbati e bisognosi di rassicurazione e vicinanza, altri ancora non avranno reazioni e passeranno oltre, chiedendoti magari cosa c’è per cena o se possono guardare i cartoni. Non preoccuparti, non hai un figlio insensibile né sta reprimendo le sue emozioni tenendosi tutto dentro, semplicemente ha bisogno di tempo per metabolizzare le informazioni e verrà a farti domande quando sarà pronto. Se insisterete nelle spiegazioni, sommergendolo di parole, vi potrà capitare come a una mamma che, alla fine di un lungo monologo, si sentì dire dalla figlia di 6 anni: ”Mamma, sai che è un po’ strano avere una risposta senza aver fatto una domanda?”. Naturalmente, se il comportamento indifferente si protrae a lungo nel tempo, sarà il caso di cercare di capire come ami questo accada ed eventualmente cercare un aiuto psicologico professionale per aiutarlo ad esternare il suo vissuto in una qualche forma.
“È una bella domanda, importante. Cerchiamo di trovare la risposta insieme.”
Questa può essere una risposta utile per temi complessi, che riguardino, ad esempio, la scienza, la storia, le differenze di genere o razziali, le notizie spaventose del telegiornale o qualsiasi altro tipo di argomento che richieda riflessioni esistenziali. Puoi ammettere di non sapere tutto, è sano farlo. Puoi riconoscere che quella che ti hanno fatto è proprio una grande domanda, su cui anche molti adulti riflettono, e merita di essere approfondita insieme, facendo magari ricerche in biblioteca, cercando film o documentari, chiedendo a professori o librai, “perché non tutto può avere una risposta immediata”. Forse ti è capitato, in passato, di dare una risposta di cui poi non ti sei sentito pienamente soddisfatto. Non preoccuparti. Puoi sempre fare un passo indietro: “Stavo pensando a quello che mi avevi chiesto, secondo me potremmo andare un po’ più a fondo nel cercare la risposta”. Non dobbiamo sentirci in colpa di non essere supereroi con incrollabili certezze sempre a disposizione: siamo comunque dei buoni genitori.
Rassicurali sul fatto che saranno al sicuro ed amati.
Spesso, quando un bambino è in difficoltà nell’affrontare temi spaventosi o che lo fanno sentire insicuro, le sue domande rispecchiano una motivazione fondamentale: hanno bisogno di sapere se “Accadrà anche a me questa cosa brutta? Sono al sicuro? Qualcuno si occuperà di me?” Queste sono le domande a cui si deve rispondere, anche se non vengono poste esplicitamente. Se, ad esempio, vedono le immagini di un fatto drammatico in televisione (e sarebbe importante che avessero sempre qualcuno accanto che filtri e spieghi le immagini che vedono), quello che vogliono sapere è se potrebbe succedere anche a loro. È dunque opportuno, anche se non fanno domande, dire loro cosa si fa per tenerli al sicuro da quel particolare pericolo. Se papà e mamma stanno divorziando, è fondamentale rassicurarli sul fatto che entrambi continueranno ad amarli, anche se da case diverse, e che la separazione non è colpa loro, come spesso tendono a immaginare.
Prenditi cura di te stesso e non temere di mostrare le tue emozioni.
Quando ci troviamo ad affrontare momenti particolarmente difficili, anche noi adulti abbiamo bisogno di avere un sistema di supporto che ci aiuti, ci ascolti o sia semplicemente presente per noi, e del tempo per riuscire a trarne beneficio. Se non ti prendi cura di te stesso, è molto difficile che riuscirai ad aiutare i tuoi bambini. So che la vita è frenetica, che le incombenze lavorative e familiari ci incalzano continuamente, ma è fondamentale ritagliarsi il tempo per una passeggiata al parco, per un thè con l’amica che ci sa ascoltare, per una mezz’ora di meditazione o di palestra, così come è fondamentale essere capaci di chiedere aiuto a persone fidate per i nostri bimbi. Ad esempio, se la famiglia deve affrontare un funerale, assicurati di chiedere a qualcuno di fidato di occuparsi di loro, nel caso non volessero partecipare o nel caso avessero bisogno di una pausa dalla cerimonia o, ancora, se tu hai bisogno di un momento per te stesso durante il rito. Inoltre, non nascondere il tuo lutto, non fingere che sia tutto a posto, non temere di farti vedere piangere: i bambini non saranno turbati se gli spiegherai che sei triste perché ti manca tanto la nonna, anzi, comprenderanno che se si ama tanto una persona si soffre per la sua perdita, impareranno a dare un nome alle emozioni che provano e comprenderanno gli atteggiamenti degli adulti in certe situazioni.
Se hai più di un figlio, ritagliati del tempo di qualità a tu per tu con ognuno di loro.
La resilienza, quella capacità di far fronte agli eventi critici della vita senza venirne sopraffatti ma, anzi, trasformandoli in occasioni di crescita ed evoluzione che è così importante nelle nostre esistenze, non è una “forza innata” e un po’ “magica” che qualcuno ha e qualcuno no. La resilienza nasce dalle relazioni, soprattutto da quelle più significative. Nasce dalla presenza di una relazione affidabile e supportiva, costante, che sia di un genitore, di un educatore, di un familiare o di un amico fidato. Non è la quantità di tempo che conta, tutti ne abbiamo poco, è la qualità che fa la differenza. Non serve neppure togliere tempo ad altri impegni quotidiani. Aiutarli a fare un bagnetto prima di cena, andarli a prendere a scuola, il tragitto per accompagnarli a danza o a calcio, la coda alla cassa del supermercato, sono tutti momenti privilegiati in cui si può parlare, scherzare, giocare, fare domande e ottenere risposte, anche sul senso della vita, a patto di dedicare tutta la nostra attenzione a loro senza farsi distrarre dal cellulare o dai pensieri di lavoro.
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