Incomprensioni familiari nel lutto perinatale

Questo articolo parla di famiglia, ma non di quanto possa essere meravigliosa, supportiva e comprensiva nei momenti peggiori della vita. Parla, invece, di tutti quei momenti in cui, dopo la perdita del tuo bambino, hai osservato un membro della tua famiglia  e ti sei chiesto: “Chi sei tu?” “Cosa stai facendo?” “Dove sei?” “Quando ti sei trasformato in qualcuno che non conosco?” “Perché non ci sei per me?” “Perché non posso contare su di te?”

Dopo una perdita così drammatica e devastante, molti genitori si sentono soli, isolati e incompresi.

Isolati dagli amici, dai colleghi, da una società che non sa come comportarsi e perciò sceglie di ignorare il lutto perinatale trasformandolo in un tabù, immaginano di poter avere vicino almeno la propria famiglia. Perché non dovrebbero? Si suppone che la famiglia sia lì per noi, che sia sempre presente per sostenerci e che sia un faro nelle tempeste dell’esistenza.

Purtroppo, spesso, la morte e il conseguente periodo di lutto portano le persone ad agire in modo inusuale, strano, inaspettato e ciò può seriamente minare l’equilibrio familiare, creando i presupposti per il sorgere di incomprensioni proprio nel momento in cui ogni membro sta affrontando drastici cambiamenti di ruolo, differenti modalità di vivere il lutto ed emozioni complesse.

Molte coppie sono fortunate e le loro famiglie sono esattamente come se le sarebbero aspettate, ma per altrettanti genitori è esperienza comune il sentirsi delusi e confusi.

Negli studi degli psicologi risuonano spesso domande sul perché questo accada, sul perché, pur vivendo il dolore per la stessa perdita, ogni membro della famiglia scelga di affrontarlo in un modo diverso e si comporti in modi inaspettati. A causa della complessità delle dinamiche interne ad ogni famiglia e dell’unicità di ogni situazione, si tratta di domande a cui è difficile dare una risposta. 

Tuttavia si possono fare alcune ipotesi generali sul perché queste incomprensioni possano avvenire. In questo articolo ne esporrò alcune, con lo scopo di fornire  spunti di riflessione che possano aiutare a comprendere le motivazioni alla base di parole, gesti, comportamenti apparentemente incomprensibili che spesso feriscono chi ci sta vicino e vive, a modo suo, il nostro stesso dolore.

Cambiamenti nelle dinamiche familiari

La Teoria dei sistemi Familiari, introdotta da Murray Bowen negli anni ’60 del secolo scorso, affermava, in parole molto semplici, che le famiglie sono sistemi di individui interconnessi ed interdipendenti, all’interno dei quali ogni membro ha un ruolo da giocare e ci si aspetta che le relazioni fra ognuno dei componenti siano adeguate a questo ruolo. 

In accordo con questa teoria, il mantenere invariato lo schema di comportamenti all’interno di un sistema può portare a una situazione di equilibrio, ma anche a situazioni disfunzionali, se questo schema non è adattivo. 

Quando qualcuno all’interno della famiglia muore, l’intero sistema viene fortemente scosso e perturbato. Nel caso del lutto perinatale, ad esempio, i genitori perdono improvvisamente il loro ruolo. Se accade alla prima gravidanza, quando il ruolo genitoriale si sta ancora lentamente formando, la coppia si ritrova, stordita e incredula, a chiedersi se riuscirà mai ad avere di nuovo quel ruolo e come ritrovare una valida immagine di sé. Ma anche se accade alla seconda o terza gravidanza, quando già il ruolo di genitori è consolidato, lo shock per la perdita può rimettere tutto in discussione.

Entrambi i genitori possono di colpo sentirsi del tutto disinteressati e/o incapaci di comportarsi nei modi abituali, a causa dell’enorme dolore che devono affrontare, ma anche della fatica di ricostruire una identità compromessa dal ritrovarsi con le braccia vuote a vivere un lutto spesso non legittimato dalla società. 

Una donna può sentirsi completamente tale pur con una culla vuota, perché il suo bambino ha vissuto dentro di lei ed il suo coinvolgimento è anche corporeo, viscerale, mentre un papà potrebbe faticare a considerarsi tale se la perdita è avvenuta molto precocemente, non perché ci tenga meno ma proprio perché non vive il coinvolgimento corporeo e non ha avuto il tempo di provarlo seguendo i cambiamenti del corpo della sua compagna.

Come sempre sottolineo, non c’è una parola che definisca un genitore il cui bambino è morto, per cui queste mamme e questi papà rimangono in una difficile terra di confine fra il considerarsi genitori, perché loro quella vita l’hanno creata e vissuta, e il non essere realmente tali perché la società attorno a loro non legittima il loro ruolo in mancanza di un figlio fra le braccia.

Emozioni diverse

Il lutto può farti sentire, in alcuni momenti, come se stessi impazzendo.

La risposta personale al dolore per una perdita può essere completamente diversa da quella di chiunque altro, per cui anche la gamma delle emozioni sperimentabili è molto vasta. Questa è una lista parziale delle manifestazioni tipicamente associate al lutto: 

shock, torpore, tristezza, disperazione, solitudine, isolamento, difficoltà di concentrazione, smemoratezza, irritabilità, rabbia, aumento o diminuzione dell’appetito, affaticamento, insonnia, senso di colpa, rimpianto, depressione, ansia, pianto, mal di testa, debolezza, dolore, struggimento, preoccupazione, frustrazione, distacco, messa in discussione della fede.

Abbastanza spesso i membri della coppia rispondono in modo diverso alla perdita del loro bambino e, nel momento in cui ognuno attraversa la propria esperienza emotiva personale cercando faticosamente di capire come continuare a vivere, può essere difficile immaginare come rimanere connessi con il proprio compagno/a e riuscire a supportarlo/a. 

Quando qualcuno che ami diventa improvvisamente arrabbiato, depresso, ansioso o apatico, la reazione immediata potrebbe essere quella di desiderare di allontanarsi. Al contrario, se sei tu la persona che prova queste emozioni, potresti sentirti distante e isolato dal tuo partner. Serve molta pazienza e comprensione per  accettare che la lontananza che si prova sia legata solo ad un dolore espresso in modo diverso.

Stili di lutto influenzati dal genere

Questo argomento può essere leggermente fuorviante, per cui è importante comprendere che la realtà non è che uomini e donne vivano il lutto in modi totalmente diversi, ma che alcune modalità di risposta alla perdita sono più femminili e altre sono più maschili. 

Alcuni ricercatori, come Kenneth Doka, affermano che esistono stili diversi di affrontare il lutto associati a caratteristiche maschili o femminili. Questi stili si posizionano lungo un continuum ed il genere è solo uno dei fattori che contribuiscono a definire il modo in cui si vive il lutto.

In breve, la teoria sostiene l’esistenza di due stili principali con cui le persone affrontano le perdite e il successivo periodo di lutto: lo stile intuitivo e lo stile strumentale.

Il lutto vissuto in modo intuitivo viene sperimentato principalmente in termini di sentimenti ed emozioni – “Mi sento triste” o “Sono molto arrabbiata” – e le modalità di reazione al dolore sono focalizzate sull’esplorazione e sull’espressione delle emozioni provate – “Ho pianto tutta la notte” o “Mi sembra talmente di impazzire che non riesco a pensare”. Si vive il lutto come un susseguirsi di ondate di emozioni, i comportamenti esteriori rispecchiano i sentimenti vissuti internamente, si “sente” molto e si pensa meno, ci si focalizza sulle emozioni e sul bisogno forte di esprimerle e attraversarle. È uno stile più femminile di reagire alle perdite.

Il lutto vissuto in modo strumentale viene, invece, sperimentato in modalità più fisiche, corporee, e cognitive – “Non posso smettere di pensare a quello che è accaduto” o “Mi sento come se non potessi respirare” – per cui ci sono molti più pensieri che emozioni e ci si focalizza sul fare, sull’azione come risposta alla perdita. Si tratta di uno stile più maschile.

È facile intuire quante incomprensioni possano sorgere quando un papà e una mamma affrontano il lutto per la perdita del proprio bimbo in due modi così diversi: chi vive il lutto in modo strumentale potrebbe apparire freddo e distaccato a chi invece lo vive in modo intuitivo esprimendo tutte le proprie emozioni.

Stili/strategie di coping 

Per strategie di coping si intendono le modalità di adattamento con le quali si fronteggiano abitualmente le situazioni stressanti. Esistono diversi tipi di coping a seconda della funzione che assolvono. Il coping focalizzato sulle emozioni si riferisce alla capacità di regolare le emozioni negative causate dall’evento stressogeno, mentre il coping focalizzato sul problema è l’insieme di capacità messe in atto per modificare o eliminare le cause dello stress. È stato anche individuato un terzo tipo di coping, centrato sull’evitamento: in questo caso si tratta di strategie con le quali si prova ad ignorare l’evento percepito come una minaccia, attraverso distrazioni o attraverso la ricerca di supporto sociale. A seconda dell’esito positivo o negativo il coping potrà essere definito funzionale (adattamento) o disfunzionale (aumento dello stress).

Oltre ad avere una preferenza nell’utilizzo di uno di questi stili, ognuno di noi ha anche una naturale predisposizione ad utilizzare prevalentemente la parte razionale della propria mente, la parte creativa o quella emozionale. È importante sapere quali modalità ci sono più congeniali, perché questo influenza sia il modo in cui viviamo il lutto che la scelta degli strumenti e delle strategie per affrontarlo. È importante saperlo, soprattutto, perché il lutto scompiglia le carte: chi normalmente è creativo potrebbe trovarsi a non essere più in grado di creare nulla, chi di solito è razionale potrebbe sentirsi improvvisamente sopraffatto dalle emozioni mentre chi di solito è più emotivo potrebbe non provare le emozioni che si aspetta.

Ricordando sempre che i modi di vivere e affrontare il lutto sono unici e personali, possiamo comunque individuare alcuni stili diversi fra loro ma che si manifestano comunemente:

  • Emotivo – si sperimenta un vero e proprio tsunami di emozioni, intense e fluttuanti, che si alternano e sovrappongono di giorno in giorno, a volte di ora in ora, creando una situazione che può essere di forte stress anche per chi di solito è a suo agio con le emozioni. Si potrebbe avere la tentazione di evitarle, di reprimerle, mentre invece l’esprimerle e il comprenderle può aiutare a superare il momento ed anche a conoscere meglio se stessi.
  • Creativo – la creatività è spesso un modo di esprimere le emozioni che si provano, portando alla luce qualcosa di bello e significativo a partire dal proprio mondo interno. Scrivere, fotografare, dipingere, suonare o qualsiasi altra cosa si senta di voler fare può essere più facile che esprimere le emozioni in modo tradizionale, con le parole.
  • Razionale – conoscere, comprendere, imparare sono attività che danno conforto a chi utilizza questo stile. Le emozioni intense possono mettere in difficoltà e si cercherà perciò di affrontare il lutto studiando tutte le teorie che lo riguardano o mettendo in pratica i consigli forniti dai diversi modelli teorici, che possono fornire una sorta di ordine e stabilità ed aiutare negli aspetti più pratici e concreti del lutto. 

Mentre cerchi di capire quale stile si adatti meglio a te e quale utilizzi più frequentemente nella vita, ricorda che anche gli altri attorno a te, il tuo partner o i tuoi familiari o anche i tuoi bambini, anche se stanno affrontando la stessa perdita, hanno il loro stile personale per farlo, probabilmente diverso dal tuo.

Fattori di stress secondari

La convinzione, molto diffusa nella nostra società, che esista una precisa timeline del lutto, tale per cui debba essere superato nell’arco di qualche mese o al massimo di un anno, presuppone e dà per scontato che le persone abbiano a disposizione tutto il tempo, il supporto e le condizioni necessarie ad affrontarlo. 

La realtà è purtroppo diversa e, mentre si cerca di riprendersi da un lutto, si devono anche affrontare una quantità di stress secondari, come il lavoro, la scuola, la cura dei bambini, i problemi di salute, ecc. ecc. Talvolta questo costringe ad effettuare delle scelte relative a ciò che si ritiene prioritario, togliendo inevitabilmente tempo ed energie ad altri aspetti di cui prima ci si occupava più attivamente.

Può essere facile, in queste situazioni, perdere la pazienza con il proprio partner se si pensa che ci stia deludendo o che si stia impegnando troppo poco, ma sarebbe importante considerare attentamente tutto ciò che sta affrontando e quanto le sue energie siano impegnate in mille attività diverse e importanti.

Diversi stadi del percorso

Un altra convinzione molto diffusa nella società attuale, a causa di una errata interpretazione della Teoria delle cinque fasi del vivere il morire ideata da Elizabeth Kübler-Ross, è quella che le persone affrontino e attraversino il lutto in modo lineare e uguale per tutti.

Non ci si aspetta e non si considera, perciò, che chi, in famiglia, sta vivendo il lutto per una stessa morte si trovi invece nello stesso momento in punti diversi del percorso. Qualcuno può sentirsi pronto a parlare apertamente della morte e delle emozioni, sensazioni e pensieri ad essa collegati, mentre qualcun altro preferisce ancora evitare l’argomento. Qualcuno può sentire che sia il momento, ad esempio, di riporre tutte le cose acquistate per un bimbo che non potrà mai usarle, mentre qualcun altro non può neppure immaginare di farlo né tollerarne il pensiero.

Queste differenze, ancora una volta, possono facilmente esitare in incomprensioni e momenti di confusione per affrontare i quali sono importanti la comprensione, la comunicazione e la pazienza di attendere che ognuno trovi la propria pace e la propria strada.

Evitamento come strategia

Mi riferisco, in questo caso, all’evitamento di alcune esperienze posto in atto nel tentativo di bloccare, ridurre o modificare pensieri, emozioni o sensazioni corporee spiacevoli. Si tratta perciò di una strategia volta a ridurre l’impatto di queste esperienze interne percepite come dolorose o minacciose, che possono comprendere la paura di perdere il controllo, l’imbarazzo, il dolore fisico, la mancanza di speranza e/o di senso, ecc.

Naturalmente l’attenzione deve essere posta sulla parola “percepite”, perché si tratta appunto di “percezioni” che sono sempre assolutamente soggettive, per cui ciò che è percepito come minaccioso da qualcuno non lo è per nulla per un altro. Qualcuno potrebbe sperimentare le ondate emotive tipiche del lutto per la prima volta nella vita e giudicarle assolutamente intollerabili, al punto da mettere in atto comportamenti inusuali, soprattutto se non ha ancora avuto occasione di sviluppare adeguate strategie di adattamento alle avversità.

Perciò, quando accadrà che tuo marito vorrà riporre gli oggetti appartenuti al vostro bimbo che non c’è più prima che anche tu sia pronta a farlo, prova a pensare che forse non è una persona insensibile, che forse non vuole dimenticarlo in fretta perché non l’ha amato come te ma, piuttosto, il suo potrebbe essere un tentativo di evitare l’impatto emotivo forte che quei ricordi suscitano in lui.

Spero di essere riuscita a rendere un po’ più chiari i meccanismi che sottostanno alla maggior parte delle possibili incomprensioni che, dopo la morte di una persona cara e ancor più dopo la morte del proprio bimbo, possono rendere ancora più complesso, difficile e doloroso il periodo di lutto.

Soprattutto spero che la comprensione di questi meccanismi possa essere di stimolo a tutti nell’approcciarsi ai propri cari con maggiore sensibilità, pazienza, comprensione ed empatia, anche durante un periodo così particolare e destabilizzante come quello successivo ad una perdita importante.

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