
La parola resilienza entra sempre più spesso a far parte del nostro vocabolario quotidiano. È un termine con più significati, a seconda che si parli di ecologia, di scienze fisiche o di psicologia.
In psicologia è utilizzato per definire la capacità di reagire a traumi e difficoltà, recuperando l’equilibrio psicologico attraverso la mobilitazione delle risorse interiori e la riorganizzazione in chiave positiva della struttura della personalità.
L’estensione dell’accezione del termine dal campo delle scienze fisiche e ingegneristiche è stata operata dal neuropsichiatra francese B. Cyrulnik all’interno della sua teoria della plasticità psichica, cui era giunto sviluppando la teoria dell’attaccamento elaborata da J. Bowlby, secondo il quale una positiva relazione madre-figlio aiuterebbe il bambino a sviluppare risorse interiori, quali la sicurezza e la fiducia in sé stesso, in grado di proteggerlo da separazioni ed eventi traumatici futuri.
Attualmente, anche le neuroscienze e l’epigenetica ci confermano che il contatto del neonato con il corpo dei genitori favorisce la produzione di ossitocina, un ormone che, in entrambi i sessi, a livello neurologico favorisce l’attaccamento relazionale e la cui produzione viene stimolata dai contatti fisici affettuosi o anche solo dalla vista di persone amate o bambini piccoli. Un buon sviluppo dell’attaccamento relazionale è il presupposto per un altrettanto buon sviluppo delle risorse interiori che sono alla base della capacità di resilienza.
B. Cyrulnik definì la resilienza come “la capacità o il processo di far fronte, resistere, integrare, costruire e riuscire a riorganizzare positivamente la propria vita nonostante l’aver vissuto situazioni difficili che facevano pensare a un esito negativo”.
È, in sostanza, la capacità di “rimanere in piedi”, ma non solo.
Secondo Cyrulnik, infatti, una delle caratteristiche principali della resilienza è la sua capacità di trarre un insegnamento da un evento traumatico, che può, in tal caso, trasformarsi in “motore di cambiamento possibile”, invece di essere solamente un fattore negativo e di rischio. La resilienza è, dunque, la capacità di una persona o di un gruppo, di svilupparsi positivamente, di continuare a progettare il proprio futuro a dispetto di avvenimenti destabilizzanti, di condizioni di vita difficili, di traumi anche severi.
Una cosa fondamentale da ricordare, quando si parla di resilienza, è che non si tratta di una caratteristica innata, con cui si nasce, come gli occhi azzurri o verdi, né di qualcosa che, come abbiamo visto, si acquisisce solo nei primi anni di vita.
Un buon accudimento genitoriale certamente favorisce un buon attaccamento e una buona relazione, che a loro volta favoriscono lo sviluppo di tante risorse personali, fra cui la capacità di resilienza, ma non è detto che, se tutto questo viene a mancare per i più svariati motivi, l’individuo non sia in grado di sviluppare ugualmente le risorse alla base della capacità di far fronte alle situazioni peggiori.
Il mondo è pieno di persone che, pur trovandosi in situazioni terribili, sono state in grado di sopravvivere prima e di reagire poi, trasformando la propria sofferenza in energia positiva per raggiungere i propri obiettivi. Basti pensare ai sopravvissuti ai campi di sterminio, ai bambini cresciuti in territori di guerra o, ancora, a donne e bambini vittime di abusi e violenza domestica.
La psicologa clinica Meg Jay ha passato circa venti anni della sua vita studiando lo sviluppo degli adulti e raccogliendo molte storie di resilienza. Nel suo libro “Supernormal” sostiene che “…la resilienza non è un tratto. Non è qualcosa con cui si nasce. Non è qualcosa che semplicemente si possiede.”
La resilienza è come un muscolo. Si può allenare.
È possibile aiutare i bambini a crescere resilienti, sottolineando spesso i loro punti di forza affinché acquistino fiducia in se stessi, dicendogli in cosa sono davvero speciali, permettendogli di esprimere le proprie emozioni e condividendo le nostre, stimolandoli a formarsi opinioni e difendere le proprie idee, insegnando strategie per affrontare situazioni difficili, riducendo lo stress e dando loro la possibilità di scegliere e fare progetti.
Tutti noi, in quanto adulti, possiamo decidere di allenare la nostra capacità di resilienza. Durante i periodi più difficili della vita, dopo una separazione o un divorzio, dopo la perdita del lavoro, dopo un lutto o la scoperta di una malattia seria, ma anche nei periodi migliori, quando tutto va bene. Esistono delle piccole cose che è possibile fare per allenare questo importantissimo “muscolo”.
Si tratta di cose molto semplici, al punto che potrebbero sembrare addirittura banali, ma vi assicuro che, se riuscite a metterle in pratica, possono fare la differenza fra il sopravvivere, aspettando semplicemente che un giorno segua all’altro, e il vivere pienamente, anche i periodi peggiori, decidendo come affrontare ogni giorno per ottenerne il meglio possibile in ogni momento. Proviamo a fare alcuni esempi:
- Legittima i tuoi sforzi – Qualunque sia il problema che ti sta affliggendo, gli sforzi che stai facendo e la fatica che ti richiedono sono reali. Non vergognartene, non nasconderli, non sentirti in colpa, anche quando le persone intorno a te sembrano non capire.
- Prendi coscienza del fatto che sei già resiliente – Potresti essere convinto di essere più una vittima degli eventi che un combattente. Prova allora a pensare ad almeno tre dei momenti più difficili della tua vita e a ricordare come li hai affrontati e ne sei uscito. Se riesci a non essere troppo giudicante e intransigente con te stesso, ti accorgerai che, anche senza saperne nulla, hai già conosciuto e messo in pratica la resilienza in passato.
- Non aspettare che la situazione si risolva da sé – Le persone resilienti sono generalmente persone che cercano attivamente le soluzioni, con un atteggiamento del tipo “Cosa posso fare io per questa situazione?” Piuttosto che “Quando questa situazione smetterà di tormentarmi?”
- Sii cosciente delle tue forze e usale – Ognuno di noi ha delle risorse personali, sempre. Si tratta di risorse diverse per ognuno, perché siamo tutti persone diverse, con una storie diverse. Scopri quali sono le tue, se non le conosci ancora, e usale per far fronte a qualsiasi difficoltà ti trovi a vivere. Non risolverai tutto in un batter di ciglia, ma scoprirai che qualsiasi cosa può essere affrontata in qualche modo.
- Non fare tutto da solo… – Uno dei più importanti fattori predittivi di successo dopo una avversità è l’avere attorno a sé una rete di supporto. Una caratteristica delle persone resilienti è il saper cercare questo supporto quando ne sentono il bisogno, senza vergognarsene.
- …ma sappi che va bene non raccontare tutto a tutti – È importante che aumenti il numero e la qualità delle tue relazioni, ma solo finché ti senti a tuo agio. Per qualcuno può essere che questa situazione di comfort si verifichi con solo due persone che “sanno realmente tutto di me”. Per altri può voler dire essere circondati da una intera comunità. Godi comunque del fatto che ci siano persone che ti vogliono bene, ti comprendono e tengono a te.
- Trova il tuo modo per dare tregua alla tua mente – Puoi usare la fantasia, farti aiutare da un buon libro, coltivare un hobby o ristorarti frequentando i tuoi amici. Il tuo problema non si risolverà in un giorno. Pensarci in continuazione può solo farti male e sfinirti. Prenderti una pausa può evitarti di sentirti sopraffatto e aiutarti a recuperare la lucidità e le energie necessarie per far fronte alla situazione.
- Renditi conto di come le avversità ti hanno reso più forte – Superare positivamente le avversità dipende ovviamente da più fattori – l’entità del problema, l’entità del supporto disponibile, le strategie di adattamento e molto altro – ma, sicuramente, l’esperienza di tollerare e superare un forte stress può dare grande fiducia nelle proprie capacità. Spesso, purtroppo, lo si dimentica, perchè è più facile ricordare quanto hai sofferto piuttosto che quanto sei stato forte. Focalizzarti, invece, sulla tua abilità di resilienza può farti sentire più preparato alla vita, perché hai già superato altri momenti difficili e potrai farlo ancora.
- Ricorda che nulla dura per sempre – Quando soffri, soprattutto durante un periodo di lutto, ti sembra che non ne uscirai mai, che la tua vita sarà sempre e solo disperazione, che non potrai mai più essere felice. Non è così. Resilienza è anche ricordarsi che non è così, che nulla dura per sempre.
Spero che questo piccolo elenco possa esserti utile, nei momenti sereni come in quelli più bui. Non essere troppo severo con te stesso: spesso resilienza è anche solo continuare a vivere, un momento dopo l’altro, anche quando sembra che la vita ti stia giocando uno dei suoi scherzi più crudeli, come dopo un lutto importante che ha sconvolto profondamente tutto il tuo mondo.
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