
Il percorso che una coppia fa, dai primi tentativi di concepimento ai primi accertamenti e alla diagnosi di infertilità, fino alla creazione di una famiglia tramite la procreazione medicalmente assistita, è un vero e proprio viaggio. Un viaggio lungo, intenso, con momenti di grande entusiasmo alternati ad altri di disagio, rabbia o disperazione.
Una coppia statunitense, Noah Moskin e Maya Grobel, dopo aver realizzato che il proprio viaggio verso la genitorialità sarebbe durato molto più di quanto si aspettassero, hanno deciso di documentarlo videoregistrando le esperienze che, di volta in volta, si sono trovati a vivere.
Dal loro lavoro è nato un film-documentario “One more shot”, ora conosciuto in tutto il mondo, che racconta i dettagli personali della loro storia di infertilità, ma anche i percorsi di molte altre coppie che hanno conosciuto e che sono state disponibili a condividere la loro personale esperienza.
Lo scopo della divulgazione di un opera così intima e privata è quello di dare visibilità e normalità ai differenti modi in cui è possibile arrivare a creare una famiglia.
All’età di 32 anni, dopo 18 mesi di tentativi infruttuosi di concepire naturalmente, Maya ha ricevuto la diagnosi di “riduzione della riserva ovarica”. Il numero e la qualità dei suoi ovuli era notevolmente minore della media prevista per la sua età, per cui il concepimento per via naturale era estremamente difficile.
Secondo il Center for Human Reproduction di New York, la sua è una condizione che riguarda il 10% della popolazione femminile.
Dal momento che per Maya l’avere un bambino rappresentava una opzione non negoziabile, questa diagnosi ha significato per lei, così come accade per molte altre donne, il dover improvvisamente affrontare una intensa disperazione unita ad una impegnativa riflessione relativa al cercare di immaginare in quale altro modo le sarebbe stato possibile diventare madre.
La coppia ha successivamente deciso di rivolgersi alla PMA, Procreazione Medicalmente Assistita, ed hanno provato diversi metodi suggeriti dai medici in base alla sua particolare condizione fisica.
Maya si è così sottoposta ad un tentativo di IVF, fertilizzazione in vitro, una procedura che consiste nell’estrarre alcuni ovuli e fecondarli con lo sperma in modo da sviluppare un embrione da trasferire nell’utero. Successivamente hanno fatto un altro tentativo utilizzando ovuli donati dalla sorella di Maya. Sono finalmente diventati genitori nel 2015 grazie alla donazione di un embrione congelato prodotto anni prima da un altra coppia.
Durante i quattro anni che ha richiesto loro questo viaggio verso la maternità, il film ha permesso loro di documentare come può essere la vita quotidiana di una coppia mentre si cerca di diventare genitori.
Secondo Maya, la cosa più difficile è stata accettare l’incertezza, il non sapere.
“Ero fisicamente ed emotivamente esausta. Era come se fossi incatenata alle mie ovaie. In certi momenti non dovevo fare esercizio fisico, ero a dieta stretta, facevo agopuntura. La ricerca prendeva tutta la mia vita: mi sentivo un cuscino puntaspilli, non una persona. Ma il chiedermi se fossi incinta e non sapere la risposta era la cosa più stressante in assoluto!”
Secondo Noah, il suo compagno, il desiderio di risolvere tutti i problemi della sua compagna era ciò che gli richiedeva il maggior impegno emotivo.
“Anche se non è il tuo corpo che subisce tutti i traumi che la PMA richiede, tu, come uomo e compagno, vorresti sapere come risolvere tutto. E il fatto che non lo puoi fare è realmente frustrante. Non puoi sistemare le cose da solo, né puoi chiamare un meccanico. Ci abbiamo provato e riprovato e non ci siamo riusciti. Per gestire tutto questo stress ho cominciato a scalare, per mettermi in situazioni in cui non potevo pensare a nient’altro che a quello che stavo facendo. Non volevo cadere, perciò non potevo pensare al prossimo appuntamento medico. Per me anche fare il film è stato importante. Lavoravo, tornavo a casa e la sera lavoravo al montaggio. Farlo mi ha permesso di separare ciò che era emozionale o importante per noi in quel momento da ciò che avrebbe potuto essere una buona scena.”
Oltre alle sfide individuali che ha dovuto affrontare, la coppia ha più volte sottolineato quanto sia importante ritagliarsi del tempo per rilassarsi e divertirsi insieme, come ogni normale giovane coppia. Permettersi di vivere un pochino, senza parlare di fertilità, di prendersi cura l’una dell’altro senza sentire la responsabilità di riuscire a farlo stare meglio, aiuta molto ad affrontare tutte le difficoltà che un tale percorso comporta. Altrettanto importante è il cercare strategie per rilassare la mente, che si tratti di yoga, meditazione, respirazione profonda o altri esercizi di rilassamento.
Un altro aspetto delicato che caratterizza il complesso percorso cha va dall’infertilità alla maternità è sicuramente quello che riguarda le relazioni sociali e le amicizie. Per dirla con le parole di Noah,
“Mentre affrontavamo questa prova, avevo amici che continuavano ad avere figli ed ho preso le distanze da loro. Avevo bisogno di preservare me stesso e di non mettermi in situazioni che mi avrebbero fatto sentire a disagio. Occorre però anche comprendere che, se i tuoi amici aspettano un figlio, questo non è un affronto nei tuoi confronti.”
Certamente è importante anche il modo in cui gli amici si rapportano con una coppia che sta conducendo la sua battaglia per riuscire a creare una famiglia. Secondo Maya,
“Quando gli amici danno un consiglio, non aiuta. La cosa migliore che un amico può fare è riconoscere ciò che stiamo affrontando, accettando che, semplicemente, non possono capirlo. Dire ‘So che è davvero dura per voi. Non so come ci si sente ma sono qui’ è perfetto.”
Mika, la figlia di Noah e Maya è nata il 20 marzo 2015.
Questi due genitori continuano a sperare che condividere la loro storia possa contribuire a diminuire il senso di isolamento, la vergogna e lo stigma associati all’infertilità.
Durante le loro ricerche e le riprese del film hanno incontrato e intervistato molte altre coppie che hanno condiviso le proprie storie, di adozione, di donazione di ovuli, di maternità surrogata, ecc. Ciò ha permesso loro di comprendere che la loro storia era solo una fra tutte le tante versioni possibili, che, anche se inizialmente è uno shock e una enorme perdita, ci sono comunque altre opzioni possibili, e che è possibile conservare la speranza.
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